martedì 3 settembre 2013

OPEROSA INDOLENZA

Tutti lavoriamo per procurarci il riposo: è quindi la pigrizia che ci rende laboriosi. (J.J. Rousseau)


Sto sbracato sul divano del salotto, in osservazione passiva di ciò che succede al mondo attorno a me mentre il mio stomaco è impegnato nel laborioso compito di smaltire tutte quelle abominevoli cose che sono riuscito a ingurgitare a pranzo.

La mia mente non ha un percorso prefissato e vaga liberamente senza pensare a nulla di concreto salvo che forse sarebbe il caso di alzarsi e di uscire in "open air" per muovere quattro passi sul marciapiede assolato. Prendere una boccata d'aria aperta mi gioverebbe sicuramente e gioverebbe anche alla mia mente ma è arduo debellare l'indolenza che si impadronisce di me in questo primo pomeriggio d'estate. 

I miei arti semintorpiditi non ne vogliono sapere di muoversi e temo che si trovino troppo bene nella più assoluta inattività. Sembra quasi che tutto il mio corpo tragga un gran beneficio  dal dolce far niente. Non ho la forza di contrastare questo stato di cose anzi ne sono sopraffatto e, anche se faccio finta di oppormi, lascio che la giornata proceda per il suo verso e mi faccio cullare dal soporifero cantare delle cicale. Mi sovvengono antichi detti di cultura popolare quali "chi dorme non piglia pesci" o, se preferite " L'ozio è il padre dei vizi". Non è vero: chi poltrisce si riposa, altro che pesci o vizi e questi detti li hanno inventati coloro che non sanno gustare la vita, che non sanno contemplare il mondo e, tanto meno, se stessi. Inoltre il riposo, così come lo svago, serve da sempre all’uomo per rigenerarsi, per essere più attivo quando ce n'è bisogno. Gli serve per recuperare le forze e la volontà di agire che altrimenti verrebbe a mancare.

Fin da piccoli siamo stati tiranneggiati dalla presunta virtù dell'alzarsi presto la mattina, abbiamo trasformato il pranzo in una pausa veloce nel pieno del lavoro, abbiamo imparato a non sprecare il tempo indugiando e sempre nell'ottica per cui lo scopo della vita è lavorare, produrre, guadagnare. Ma, come insegna il nobile esempio di grandi personaggi, tutto ciò è profondamente contrario alla vera natura dell'uomo. Il lavoro serve per produrre ciò che serve e affermare che nobilita l’uomo è un’invenzione per spingerci a faticare sempre di più, a operare per una maggiore produzione di beni e servizi anche quando non ce n'è bisogno.

Io credo che invece sia l’inerzia a nobilitarci, che l’inattività acquisisca un senso profondo, che l’inoperosità faccia da sfondo alla più alta delle opere, quelle del pensiero e della ragione.  E allora ecco dunque pronta la motivazione da opporre a chi ci volesse ingiustamente accusare di oziare: basterà rispondere "sto pensando" oppure a scelta "sto meditando, riflettendo, ponderando, creando". Del resto, tutti lavorano per poi riposare e dunque è la pigrizia a renderci laboriosi. O no?

Giorgio Vasari, che di "eccellenti pittori, scultori e architettori" molto s'intendeva, sosteneva che
"gli elevati ingegni talor che manco lavorano, più adoperano cercando con la mente le invenzioni e formandosi quelle perfette idee che poi esprimono" 
convalidando così il concetto che la pur laboriosa fatica del non far nulla si sostanzia di alto nutrimento dello spirito e anche lo stesso Thomas Edison affermava che la pigrizia si identifica con l'intelligente e fantasiosa madre di molte invenzioni.

Insomma l'ozio può diventare un vero e proprio stile di vita e poi quale momento è più propizio della fine di un'estate pazza per tessere l'elogio dell'ozio? Per quanto mi riguarda io non sarei particolarmente ozioso, ma nemmeno una persona attiva e laboriosa e forse vorrei fare le cose con più impegno e più costanza, ma la mia indole a volte impedisce di andare fino in fondo.

È ora di darsi una mossa, ricordiamoci che le occasioni non ci aspettano a lungo e se continuiamo a cercare sempre la via meno faticosa per raggiungere gli obiettivi dovremo accontentarti di raggiungere soltanto metà del successo.

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